Un progetto che si sviluppa principalmente nella regione metropolitana della città di Petrolina, nello Stato del Pernambuco in Brasile, attraverso una rete di collaborazioni con enti pubblici, privati e società civile a livello locale e internazionale.

“Dalla nostra esperienza, iniziata nel 2002, abbiamo la consapevolezza che l’incontro, il dialogo e la collaborazione alla pari costituiscono il Cuore di un approccio interculturale e di una relazione autentica. Sono fonte di grande ricchezza per il benessere degli esseri umani e della società e per una migliore presa in carico e risoluzione delle situazioni di bisogno che ogni comunità si trova ad affrontare.”

Nicola Andrian e Isabella Polloni - En.A.R.S.

lunedì 8 agosto 2016

NELLA VITA TUTTO PUO’ SUCCEDERE! - Report finale tirocinio universitario all'estero di Miriam De Martin, Dip. FISPPA - UNIPD

“Finché ti sento nell’anima non c’é pericolo”

Questa è la frase con la quale voglio iniziare a parlare di questi miei quattro intensi mesi di Vita. Questa è una delle ultime frasi con cui ho salutato i miei ragazzi. Questa è la frase con la quale insieme ci siamo emozionati. Questa è la frase che mi sta dando l’energia in questi giorni.


Ho iniziato questo viaggio con tanti dubbi e insicurezze, ancora mi ricordo una conversazione che ho avuto con una delle mie più care amiche prima di partire… lei era incredula nel vedermi così incerta e ogni giorno mi diceva “ma ti rendi conto che tra pochi giorni parti per il Brasile e qui sembra che tra le due la più contenta sia io? Miriam, sarà un’esperienza pazzesca, vedrai che non vorrai più tornare a casa!”. Ora che sono appena rientrata in Italia posso dire con certezza che lei aveva ragione: è stata un’esperienza incredibilmente indimenticabile.


Fatico a trovare delle parole, nella mia mente ne stanno passando tantissime in questo momento, ma neanche una sembra quella giusta, nessuna sembra dare un giusto nome a emozioni, volti, colori, musica, amore, difficoltà, lacrime, mani, sorrisi, sguardi, pianti…

Ho svolto il mio tirocinio con il progetto BEA nell´ente FUNASE CASE di Petrolina (PE), casa di detenzione per minori in conflitto con la legge che accoglie circa 40 adolescenti maschi di età compresa tra i 14 e i 20 anni.
Per provare a raccontare un po´ di questa mia esperienza voglio cominciare con gli obiettivi auto formativi che mi ero posta prima di partire, obiettivi che sono stati presenti ogni giorno e ogni settimana di questa esperienza e sui quali abbiamo lavorato ad ognuna delle riunioni d’equipe fatte con il mio coordinatore Nicola Andrian e con la mia compagna di avventura, Veronica. Avevo deciso di dividere i miei obiettivi in tre macro aree: quella del sapere, quella del saper fare e quella del saper essere.

SAPERE:
       Acquisire informazioni più dettagliate sull’ente in cui andrò a svolgere il tirocinio, il modus operandi, l’organizzazione interna e la mission;
       Capire come funziona la legislazione minorile all’interno dello stato del Pernambuco;
       Conoscere e approfondire una lingua, una cultura, una storia locale e delle tradizioni diverse dalla mia.
SAPER FARE:
       Acquisire e sviluppare nuove capacità, competenze e/o strategie educative da poter attuare nei confronti delle persone che vivono nell’ente in cui andrò a lavorare;
       Affiancare l’equipe socio-psico-pedagogia presente all’interno della strutture e imparare a lavorare con le diverse figure professionali che la compongono;
       Proporre e cercare di mettere in atto un mio personale progetto educativo, indagandone i risultati con un costante monitoraggio e una valutazione accurata con l’obiettivo di poter incrementare attraverso questa opportunità le mie capacità e le mie competenze;
       Imparare a capire le particolari esigenze dei ragazzi con i quali lavorerò, cercando di comprendere come relazionarmi con loro;
       Cercare di stimolare, attraverso le varie attività proposte, la libertà di espressione e il dialogo.

SAPER ESSERE:
       Cercare di rimanere me stessa in ogni momento, prendendo coscienza dei miei limiti e delle mie potenzialità;
       Affrontare ogni situazione con una costante voglia di mettermi in gioco come persona e come futura educatrice;
       Rimanere sempre con le orecchie tese e gli occhi aperti per mantenere ed ampliare un atteggiamento di apertura e curiosità di fronte ad ogni situazione che mi si porrà davanti.

Ora, rileggendoli, sto provando a capire quali ho raggiunto, quali no e quali ho sentito più miei, ed é proprio da questi ultimi che voglio partire!
SAPERE: una delle parti per me più belle e importanti di questi mesi è stata sicuramente l´immersione totale in una nuova cultura, in una nuova lingua... in nuovi modi di fare, di mangiare, di capire, di vedere. E in tutto questo la cosa più facile, naturale e bella é stata il riuscire da subito a chiamare questo luogo Casa. Certo, non sono ancora riuscita a perdere la mia faccia da "gringa" (straniera) che la gente continuava a notare, ancora prima che per l´accento poco autoctono, per il mio modo di vestire e di sistemare i capelli, ma le stesse persone che notavano queste differenze, mi hanno fatto sentire in ogni secondo parte della loro vita.
SAPER FARE: Tra le tante cose fatte, vorrei raccontare del laboratorio che ho proposto all´equipe e ai ragazzi del FUNASE. Ero partita con l’idea, anzi, il sogno forse un po’ utopico, di provare a scrivere insieme ai ragazzi un piccolo libro in cui loro potessero sentirsi liberi di raccontare quello che volevano. Il sogno si è realizzato, ora torno a casa con questo splendido regalo e con un ricordo bellissimo dei momenti intensi in cui ci siamo seduti intorno ad un tavolo e abbiamo costruito tassello dopo tassello questa NOSTRA storia.
Momenti del laboratorio alla FUNASE CASE, Petrolina
Il laboratorio è stato strutturato in diversi momenti: sono partita raccontando a loro la mia storia, per cercare di creare un ambiente in cui si sentissero liberi di essere e di parlare, per poi passare a dei momenti più tecnici in cui abbiamo imparato come si costruisce una storia, quali sono le tappe necessarie, le tipologie di personaggi... e infine siamo arrivati al vero e proprio fulcro, alla costruzione del nostro libro, della storia, dei personaggi, delle immagini. Non trovo le parole per descrivere l’intensità di questi momenti, la loro iniziale paura nel cominciare e la loro complicità e protagonismo poi. Quello che ne è uscito è un libro dal titolo "O recomeço de uma vida perdida" ("Il re inizio di una vita persa") che, indirettamente, parla di loro, delle loro vite difficili, della voglia di avere una seconda possibilità, di cambiare vita e di come questo sia più facile quando abbiamo qualcuno al nostro fianco che non smette mai di credere in noi, qualcuno che riesca a vederci, prima di tutto, come Persone.
SAPER ESSERE: cercare di rimanere sempre me stessa in ogni momento, questo avevo scritto, forse incoscientemente. Fin da subito mi è stato chiesto cosa volesse dire. È stata una provocazione che mi sono portata dentro ogni giorno e adesso, alla fine di questo mio percorso, grazie ai miei ragazzi, ho capito chi è questa "me stessa" che volevo essere. Uno di loro un giorno ha chiesto a Veronica "ma qualche volta lei riesce a stare seria? perché qui con noi è impossibile, qui è sempre in movimento, è sempre vivace, felice, sempre con il sorriso e piena di vita!". Ecco, questa è la me stessa che volevo essere, la me stessa che forse avevo perso prima di partire e che sono riuscita a ritrovare proprio grazie a loro.
Non sempre è stato tutto facile e idilliaco, tante volte, soprattutto all´inizio, sono tornata a casa da lavoro stanca, con la voglia solo di non ritornare, arrabbiata con me stessa perché secondo me non stava andando come volevo. Ma se c’è una cosa che ho imparato qui è la pazienza, il saper aspettare... e l’apprezzare la gioia del momento in cui, dopo aver aspettato, le soddisfazioni arrivano. Ho imparato ad andare oltre le apparenze, ad ascoltare, ho imparato come molte volte il prendersi per mano e stringersi forte valga più di mille parole, ho imparato l´immensa importanza delle emozioni, del viverle a pieno, del commuoversi, del piangere, anche disperatamente, senza vergogna... e allo stesso tempo il valore della speranza, dei sogni, dell´essere felice. Ho imparato che l’amore ha tante forme e una di queste l’ho sentita in ogni momento passato con loro, con loro che della vita hanno conosciuto il male, un male del quale io non immaginavo neanche l’esistenza. Un male fatto di droga, di morte, di famiglie distrutte, di paura di morire, di lotta per la sopravvivenza.
Fino ad ora ho parlato solo della mia esperienza in carcere, forse perché fresca di conclusione e di emozioni, ma parte integrante di questi quattro mesi qui sono state tante altre cose: ho avuto la possibilità di essere la professoressa Miriam De Martin, accompagnando Nicola Andrian in un corso base di lingua e cultura italiane all’università Federale, la UNIVASF. Momenti bellissimi ai quali arrivavo sfinita dopo un giorno di lavoro, ma dai quali uscivo piena di energia e carica. La cosa più bella è stata, tramite grammatica, giochi, musica e cibo il riuscire a rendermi conto della bellezza della mia Italia essendo in un paese così lontano e diverso.
Una dinamica al corso di lingua e cultura italiane alla UNIVASF
Inoltre, ogni venerdì, ho partecipato alle lezioni di "relazioni interpersonali e dinamiche di gruppo" condotto da Nicola Andrian all´interno del corso di laurea in pedagogia alla UPE, l’Università del Pernambuco che è un altro ente Partner del Progetto BEA. Alcuni dei contenuti del corso non mi erano nuovi, ma é stato in ogni caso molto interessane il poter apprendere e poi mettere direttamente in pratica le conoscenze acquisite.
Parte integrante e importante del progetto sono stati i momenti di riunione settimanale con Nicola e Veronica, nei quali ci siamo confrontati sulla settimana, sui nostri obiettivi e sul cercare di rielaborare le cose che vivevamo a lavoro.
Ogni venerdì mattina, infatti, attraverso la compilazione di un questionario abbiamo svolto un lavoro di riflessione teorica sulla pratica vissuta durante la settimana. Un lavoro che è parte di una ricerca di dottorato in co-tutela fra l’UNIPD e l’UNEB (L’Università dello Stato della Bahia) che Nicola sta conducendo e che si prefigge di studiare in profondità l’esperienza nostra di tirocinio formativo all’estero attraverso il modello/ciclo del "Service Learning" (apprendimento in servizio). Il tutto sicuramente è stato stancante e molte volte la voglia di sedersi e lavorare al computer è stata difficile da trovare, ma quando, ormai un anno fa, avevo deciso di scegliere questa esperienza come mio tirocinio, l’avevo fatto proprio per la completezza, sotto diversi aspetti, di quello che mi veniva proposto. Oggi posso confermare di aver fatto la scelta giusta, una scelta che mi ha permesso di mettermi in gioco totalmente, di provarmi e di formarmi.
Credo potrei andare avanti all´infinito a raccontare, a scrivere, a spiegare, perché il MIO Brasile è fatto anche di tanto altro, ma forse risulterebbe noioso e prolisso, quindi proverò a concludere ringraziando le persone che hanno reso tutto questo così incredibilmente VIVO.
L'Equipe BEA 2016.1 con Veronica Urbani e Nicola Andrian

Prima di tutto grazie a Nicola che, dopo un lungo calvario, ha reso possibile, vero e tangibile tutto questo.

Grazie a tutte le persone conosciute qui che hanno contribuito a rendere questa città una casa e senza le quali questa esperienza sarebbe stata diversa.
Un grazie in particolare a Lucas che nella difficoltà di tanti momenti è riuscito a riportare nella mia vita spensieratezza e leggerezza.
Alla FUNASE CASE con il coordinatore pedogogico Ilson Borges

Un grazie all´equipe socio-psico-pedagogica del CASE, in particolare al coordinatore pedagogico Ilson Borges, che non ha smesso un secondo di credere in me e nel mio sogno e che con il suo "minha querida" mi ha sempre fatta sentire accolta e parte della struttura.
Grazie a te, Veronica, che sei stata una roccia sempre pronta a sostenermi. Il nostro cammino qui non è stato sempre semplice, ma ricco di emozioni che lo hanno reso incredibile. Ti ringrazio per le notti in bianco a parlare, per i pianti, per gli abbracci, per le risate… e per aver saputo trovare le parole giuste quando le mie emozioni erano così forti da non riuscire a parlare. A te che sei stata e sarai un’insostituibile compagna di vita e di emozioni. 

E infine grazie ai miei ragazzi, qui senza nome e volto, ma nella mia mente e nel mio cuore perfettamente vivi. Un grazie a loro, che hanno lasciato in me un segno indelebile, grazie alle loro storie, alle loro sofferenze, ai loro sogni. A loro che durante il nostro ultimo giorno insieme hanno asciugato le mie lacrime. A loro che vengono etichettati come criminali, assassini, ladroni, drogati, trafficanti. A loro che lo sanno, ma nonostante questo mi hanno permesso ogni giorno di riuscire a vedere oltre, di entrare nei loro sguardi e di trovare delle persone piene di cose da scoprire! A loro che ogni giorno ho salutato con un sorriso, battendo in una mano e stringendone l’altra.
Grazie ai momenti informali passati assieme, alle vostre voci, alla vostra musica, alle vostre differenze, ai vostri cuori, alle vostre giornate buie e a quelle più chiare, grazie alla vostra voglia di riscatto. Grazie per avermi resa partecipe della vostra vita, delle vostre preoccupazioni e dei vostri sogni.



Mio papà, poche settimane fa, mi ha ringraziata dicendomi che io gli ho insegnato che nella vita tutto può succedere; io ho trovato queste parole travolgenti… non so se sia vero che io l’ho insegnato a lui, ma so che questa magia l’ho scoperta con voi ogni giorno, ed oggi è sicuramente un messaggio che sento mio: NELLA VITA TUTTO PUO’ SUCCEDERE e, nella mia, è successo incredibilmente tutto questo.
Miriam






Miriam de Martin
Corso di laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione, curriculum 'Educatore Sociale e Animatore Culturale', Dipartimento FISPPA
Università degli Studi di Padova
Anno Accademico 2015/2016

giovedì 4 agosto 2016

“Non esiste il caso, né la coincidenza. Noi ogni giorno camminiamo verso posti e persone che ci aspettano da sempre.” - Report finale tirocinio universitario all'estero di Veronica Urbani

“Non esiste il caso, né la coincidenza. Noi ogni giorno camminiamo verso posti e persone che ci aspettano da sempre.” 
È con questa frase della scrittrice G. Dembech che ho deciso di iniziare a raccontare la mia (s)travolgente esperienza.

Questo viaggio è iniziato ben prima del mio arrivo in Brasile, non saprei dire esattamente quando ma era da tempo che avevo il desiderio di fare un’esperienza all’estero che fosse diversa dai soliti viaggi – vacanza con gli amici, volevo partire per conoscere una nuova cultura, per incontrare nuove persone e stili di vita, per rompere la mia routine e entrare in sintonia con nuovi ritmi. Istantaneamente quando mi fermavo ad immaginare pensavo all’America Latina, alla sua allegria, alla calorosità nei rapporti umani, all’Energia che poteva esserci.  
Quello che fino a quel momento esisteva solo nell’immaginazione, durante un seminario all’università ha iniziato a prendere una forma e un nome: Progetto BEA.

Equipe BEA 2016

Ho scelto di far parte di questo progetto essenzialmente perché mi piaceva l’idea di non lasciare definitivamente l’ambito universitario anzi, al contrario, di poter proseguire con gli studi e nel frattempo svolgere il mio tirocinio formativo.
Quando è arrivato il momento di scegliere l’ente dove avrei svolto il tirocinio, fra i diversi Partner proposti dalla rete locale del Progetto BEA, avevo voluto mettermi alla prova misurandomi come professionista in un ambito in cui non avevo esperienza: il FUNASE CASEM -  Casa di semilibertà per adolescenti maschi definiti ‘In conflitto con la legge’.

È stata una scelta “scomoda” che, come immaginavo, mi ha fatto crescere molto.
Non nego che all’inizio i dubbi si facevano sentire: “ Ce la farò?”, “ Sarò in grado di creare legami con i ragazzi?”, “ Che cosa farò?”.

A seguito di una prima settimana di visite generali e formazione specifica, ho iniziato il mio tirocinio al CASEM lunedì 4 aprile e in quel momento la struttura stava ospitando 12 adolescenti.
A far tacere tutti i miei dubbi sono stati proprio loro che, incuriositi da quella mia pelle bianca e dal mio accento straniero, mi hanno accolta permettendomi di entrare a far parte della loro quotidianità.
Per presentarmi e per far loro conoscere le mie origini, una delle prime settimane, in accordo con l’equipe tecnica, abbiamo dato avvio alla ‘Settimana Italiana’ durante la quale ho mostrato con video, foto e canzoni la mia Italia, mangiando insieme della vera pasta italiana!

I momenti della sera mi hanno regalato i migliori ricordi. Dopo lunghe e ricche giornate arrivava la stanchezza (per tutti !), le barriere che durante il giorno ci allontanavano gli uni dagli altri si abbassavano e così in un clima sereno quasi famigliare, seduti sul divano, si guardava Velho chico, o si ascoltava Marilìa Mendonça. Una sera D. mi ha insegnato a danzare reggae, un’altra volta L. F. J. D. mi ha fatto ballare la Quadrilha di São Joãcon i tipici cappelli di paglia di questa festa locale. Abbiamo cantato, scherzato e poi ... quei momenti profondi così intensi, così intimi dei racconti delle loro Vite.

A contribuire al farmi sentire “A casa” sono state in generale le diverse figure professionali che operano all’interno del CASEM, dai dipendenti dell’amministrazione alle guardie, dalle cuoche agli autisti con i quali ho instaurato un ottimo rapporto.
Ma a fare la differenza in quest’esperienza sono stati senza dubbio il supporto, la disponibilità, la pazienza e l’amicizia che l’intera equipe tecnica mi ha dimostrato. Con loro non mi sono mai sentita fuori luogo, sono state delle vere e proprie guide in questo percorso, ero una di loro, una della grande “Famiglia CASEM”.
Con l'Equipe Tecnica del FUNASE CASEM
Con la supervisione e i consigli della coordinatrice tecnica Dona Graça, della pedagoga Marcia, della psicologa Liane, dell’assistente sociale Ana Valina ed infine di Monica l’avvocata ho avuto l’opportunità di conoscere a 360° la struttura dove ho lavorato.
Ho partecipato alle attività interne ed esterne dei ragazzi, ai colloqui, alle visite domiciliari, affiancando la pedagoga alle riunioni con i dirigenti scolastici e visitando le istituzioni che collaborano a stretto contatto con il CASEM (i servizi sanitari, l’agenzia del lavoro, ecc) ed infine ho avuto il piacere di conoscere il Tribunale dei minori e di presentarmi al giudice minorile della città di Petrolina.

Con l’intera equipe riunita, il primo giorno di tirocinio, abbiamo condiviso e negoziato gli obiettivi formativi che mi ero posta con quelli specifici dell’ente.
Avevo suddiviso i miei obiettivi nelle tre macro aree del Sapere, Saper Fare e Saper Essere

SAPERE
  • Conoscere approfonditamente la struttura dove svolgerò il tirocinio formativo (mission, statuto, finalità e valori alla base della FUNASE CASEM).
  • Studiare i documenti che stanno alla base della legislazione minorile dello Stato del Pernambuco (ECA).
  • Conoscere e condividere gli usi, costumi, abitudini, la storia e la lingua di una cultura diversa dalla mia.
  • Acquisire conoscenze specifiche in merito al metodo del Service Learning.
SAPER FARE
  • Acquisire capacità, competenze e strategie educative che mi permettano di agire - in contesti come il FUNASE CASEM e analoghi - nell’immediato in modo consono ed efficace.
  • Instaurare un rapporto empatico con i ragazzi e relazionarmi con loro tenendo fede ai principi di intenzionalità, asimmetria e “giusta distanza”, riflessività, educabilità e progettualità.
  • Apprendere da ogni singolo membro dell’équipe di lavoro (educatore, psicologo, assistente sociale) e collaborare con loro.
  • Incrementare capacità e competenze di conduzione di attività e di gestione di un gruppo attraverso un mio laboratorio di Arte e Teatro corporeo cercando di creare occasioni che permettano agli utenti di mettersi in gioco pur essendo “protetti”.
  • Incrementare capacità riflessive sulle pratiche nel tentativo di monitorare l’apprendimento ad ogni livello attraverso la pratica/servizio.
SAPER ESSERE
  • Stimolare e mantenere costantemente un atteggiamento di Apertura e di Curiosità che mi permetta di mettermi in gioco in ogni istante di questa esperienza.
  • Mantenere e ampliare un autentico Ascolto Attivo e atteggiamento Empatico.
  • Permettere che avvenga un vero e proprio Accomodamento (come lo ha teorizzato Piaget) delle esperienze e delle buone pratiche imparate al fine di farmi maturare come persona e come educatrice.
Dopo essermi inserita nelle attività che c’erano già in programma, come la festa della mamma e l’Arraja do CASEM ( festa locale), ho avuto modo di proporre un mio laboratorio di teatro corporeo divenuto parte anche di un Progetto di Extensão del Dipartimento di Pedogogia della UPE, l’Università del Pernambuco.
La UPE, Campus di Petrolina è uno degli enti Partner del Progetto BEA ed io ho avuto la possibilità di seguire le lezioni di ‘Relazioni interpersonali e dinamiche di gruppo’ del Corso di Laurea in Pedagogia.
Io e
Natália Dos Santos A. G.
(studentessa brasiliana dell’8° periodo di Pedagogia), con l’obiettivo di sperimentare praticamente i contenuti teorici del corso, abbiamo organizzato e condotto sei incontri svolti con gli adolescenti del CASEM e l’equipe socio psico-pedagogica al Parco Municipale ‘ Josepha Coelho’ di Petrolina.
Laboratorio al Parco Josepha Coelho
Il filo rosso che li univa era la Comunicazione Assertiva, in particolare l’Ascolto Attivo, e ogni incontro affrontava una tematica specifica:  Fiducia, Io, Tu, Noi, Comunicazione assertiva e Ascolto attivo.
Lezione del corso di Relazioni interpersonali
e dinamiche di gruppo - UPE, Campus di Petrolina

Sono sicura che questo progetto senza la collaborazione di Natália e la supervisione di Nicola A. come professore non avrebbe ottenuto lo stesso risultato finale.
Ed è proprio all’UPE, Campus di Petrolina, che ho avuto l’opportunità di ampliare il mio Sapere, sperimentando un nuovo modello di università più dinamico e partecipato.




Per il mio percorso di tirocinio un momento altamente formativo era la riunione del venerdì mattina con Miriam de Martin, mia collega di corso UNIPD e Nicola Andrian coordinatore del Progetto BEA (l’Equipe BEA 2016.1).
Il progetto BEA è il Cuore di una ricerca di dottorato del Dipartimento FISPPA – UNIPD e la riunione settimanale si focalizzava sulla riflessione costante dell’esperienza vissuta, del nostro agire intenzionale nel quotidiano, attraverso il Ciclo del Service Learning.
Penso sia stato proprio questo lavoro costante a fare la differenza nel mio livello di apprendimento.

Ma.. non è ancora finita!

P
erché a dare una sfumatura di colore in più a quest’esperienza è stato il Corso di cultura e lingua italiane, sviluppato al Dipartimento di Scienze Umane dell’UNEB, Università della Bahia, – Campus di Juazeiro (la città che si trova dall’altra parte del fiume São Francisco rispetto a Petrolina).
Non mi ero mai immaginata nei panni di insegnante, ruolo che ho sempre percepito come formale e distaccato, ma aver avuto la possibilità di mettermi in gioco, a fianco del coordinatore del progetto, proponendo lezioni dinamiche e giocose ha fatto in modo che gli studenti apprendessero i contenuti divertendosi e dall’altro lato che io mi stessa mi divertissi con loro.
Corso di lingua e cultura italiane UNEB, Juazeiro - Festa finale
Mi sono trovata così bene con loro che una volta terminato il corso ufficiale ho continuato, con chi voleva, a fare lezione di conversazione al parco, in piazza, in spiaggia…
In questi mesi mi sono sentita parte di Qualcosa di Grande, parte di un ‘Tutto’. Ho incontrato persone che mi sembrava di conoscere da una vita, ho percorso strade che i miei passi già conoscevano, a Petrolina e Juazeiro ho lasciato parte di me e mi sono portata via molto di più:
Sguardi, strette di mano, risate, profumi, colori, cibi, suoni, ritmi,  tramonti, danze, la calma che mi tranquillizzava mentre aspettavo la barquinha, l’armonia, le feste, il ‘Doce de leite’ dopo il pranzo con la mia Equipe, i sorrisi e gli abbracci, e tanto tanto altro che a parole non so descrivere.
Non mi sento di aver terminato quest’esperienza, sarà che a settembre arriveranno in Italia due studentesse dell’UNEB, sarà che i contatti con gli amici brasiliani sono sempre molto vivi, per il momento il rientro in Italia lo sto vivendo come un finale aperto, la Vita è lunga e chissà quali luoghi e persone ci saranno adesso ad aspettarmi o a reincontrarmi !!!

Un enorme grazie a Nicola che ha permesso tutto questo, che ha inventato un “Nicola Andrian” che mi permettesse di vivere tutti i momenti, e molti di più, sopra descritti.
A te con cui ho potuto confrontarmi, imparare e crescere: Grazie.
Un grazie speciale alla mia compagna di avventura Miriam che mi ha aiutata a crescere superando e condividendo sia i momenti felici che quelli difficili. Senza di lei non sarebbe stato lo stesso viaggio.
Ed infine ai miei ragazzi, ad ognuno di voi per avermi accolta, per aver scherzato, giocato, per avermi dato l’opportunità di entrare nelle vostre vite, per esservi resi disponibili a regalare una parte di voi, delle vostre storie. E tra tutti un grazie particolare va ad un’ Anima meravigliosa, ora totalmente libera nel mondo, che ha stravolto la mia vita con la sua. Con il suo straordinario “Mondo nella testa” mi ha fatto capire come le parole a volte non servono, tutto ciò che serve è:
Testa, Mani e Cuore.
Veronica