“Non esiste il caso, né la
coincidenza. Noi ogni giorno camminiamo verso posti e persone che ci aspettano
da sempre.”
È con questa
frase della scrittrice G. Dembech che ho deciso di iniziare a raccontare la mia
(s)travolgente esperienza.
Questo
viaggio è iniziato ben prima del mio arrivo in Brasile, non saprei dire
esattamente quando ma era da tempo che avevo il desiderio di fare un’esperienza
all’estero che fosse diversa dai soliti viaggi – vacanza con gli amici, volevo
partire per conoscere una nuova cultura, per incontrare nuove persone e stili
di vita, per rompere la mia routine e entrare in sintonia con nuovi ritmi. Istantaneamente
quando mi fermavo ad immaginare pensavo all’America Latina, alla sua allegria,
alla calorosità nei rapporti umani, all’Energia che poteva esserci.
Quello che fino
a quel momento esisteva solo nell’immaginazione, durante un seminario
all’università ha iniziato a prendere una forma e un nome: Progetto BEA.
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Equipe BEA 2016 |
Ho scelto di
far parte di questo progetto essenzialmente perché mi piaceva l’idea di non
lasciare definitivamente l’ambito universitario anzi, al contrario, di poter
proseguire con gli studi e nel frattempo svolgere il mio tirocinio formativo.
Quando è
arrivato il momento di scegliere l’ente dove avrei svolto il tirocinio, fra i
diversi Partner proposti dalla rete locale del Progetto BEA, avevo voluto
mettermi alla prova misurandomi come professionista in un ambito in cui non
avevo esperienza: il FUNASE CASEM - Casa
di semilibertà per adolescenti maschi definiti ‘In conflitto con la legge’.
È
stata una scelta “scomoda” che, come immaginavo, mi ha fatto crescere molto.
Non nego che
all’inizio i dubbi si facevano sentire: “ Ce la farò?”, “ Sarò in grado di
creare legami con i ragazzi?”, “ Che cosa farò?”.
A seguito di una prima settimana di visite generali e formazione specifica, ho
iniziato il mio tirocinio al CASEM lunedì 4 aprile e in quel momento la
struttura stava ospitando 12 adolescenti.
A far tacere
tutti i miei dubbi sono stati proprio loro che, incuriositi da quella mia pelle
bianca e dal mio accento straniero, mi hanno accolta permettendomi di entrare a
far parte della loro quotidianità.
Per presentarmi e per far loro conoscere le mie origini, una delle prime
settimane, in accordo con l’equipe tecnica, abbiamo dato avvio alla ‘Settimana
Italiana’ durante la quale ho mostrato con video, foto e canzoni la mia Italia,
mangiando insieme della vera pasta italiana!
I momenti
della sera mi hanno regalato i migliori ricordi. Dopo lunghe e ricche giornate
arrivava la stanchezza (per tutti !), le barriere che durante il giorno ci
allontanavano gli uni dagli altri si abbassavano e così in un clima sereno
quasi famigliare, seduti sul divano, si guardava Velho chico, o si ascoltava
Marilìa Mendonça. Una sera D. mi ha insegnato a danzare reggae, un’altra volta L.
F. J. D. mi ha fatto ballare la Quadrilha di São João con i tipici cappelli di paglia di questa festa locale. Abbiamo cantato, scherzato e poi ... quei momenti profondi così intensi, così intimi dei racconti delle loro Vite.
A contribuire al farmi sentire “A casa” sono state in
generale le diverse figure professionali che operano all’interno del CASEM, dai
dipendenti dell’amministrazione alle guardie, dalle cuoche agli autisti con i
quali ho instaurato un ottimo rapporto.
Ma a fare la differenza in quest’esperienza
sono stati senza dubbio il supporto, la disponibilità, la pazienza e l’amicizia
che l’intera equipe tecnica mi ha dimostrato. Con loro non mi sono mai sentita
fuori luogo, sono state delle vere e proprie guide in questo percorso, ero una
di loro, una della grande “Famiglia CASEM”.
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Con l'Equipe Tecnica del FUNASE CASEM |
Con la
supervisione e i consigli della coordinatrice tecnica Dona Graça, della pedagoga
Marcia, della psicologa Liane, dell’assistente sociale Ana Valina ed infine di
Monica l’avvocata ho avuto l’opportunità di conoscere a 360° la struttura dove
ho lavorato.
Ho partecipato
alle attività interne ed esterne dei ragazzi, ai colloqui, alle visite
domiciliari, affiancando la pedagoga alle riunioni con i dirigenti scolastici e
visitando le istituzioni che collaborano a stretto contatto con il CASEM (i
servizi sanitari, l’agenzia del lavoro, ecc) ed infine ho avuto il piacere di conoscere
il Tribunale dei minori e di presentarmi al giudice minorile della città di
Petrolina.
Con l’intera
equipe riunita, il primo giorno di tirocinio, abbiamo condiviso e negoziato gli
obiettivi formativi che mi ero posta con quelli specifici dell’ente.
Avevo suddiviso i miei obiettivi nelle tre
macro aree del Sapere, Saper Fare e Saper Essere
SAPERE
- Conoscere
approfonditamente la struttura dove svolgerò il tirocinio formativo (mission,
statuto, finalità e valori alla base della FUNASE CASEM).
- Studiare i
documenti che stanno alla base della legislazione minorile dello Stato del
Pernambuco (ECA).
- Conoscere e
condividere gli usi, costumi, abitudini, la storia e la lingua di una cultura
diversa dalla mia.
- Acquisire
conoscenze specifiche in merito al metodo del Service Learning.
SAPER FARE
- Acquisire capacità, competenze e
strategie educative che mi permettano di agire - in contesti come il FUNASE
CASEM e analoghi - nell’immediato in modo consono ed efficace.
- Instaurare un rapporto empatico con i
ragazzi e relazionarmi con loro tenendo fede ai principi di intenzionalità,
asimmetria e “giusta distanza”, riflessività, educabilità e progettualità.
- Apprendere da ogni singolo membro
dell’équipe di lavoro (educatore, psicologo, assistente sociale) e collaborare
con loro.
- Incrementare capacità e competenze di
conduzione di attività e di gestione di un gruppo attraverso un mio laboratorio
di Arte e Teatro corporeo cercando di creare occasioni che permettano agli
utenti di mettersi in gioco pur essendo “protetti”.
- Incrementare capacità riflessive
sulle pratiche nel tentativo di monitorare l’apprendimento ad ogni livello
attraverso la pratica/servizio.
SAPER ESSERE
- Stimolare e
mantenere costantemente un atteggiamento di Apertura e di Curiosità che mi
permetta di mettermi in gioco in ogni istante di questa esperienza.
- Mantenere e
ampliare un autentico Ascolto Attivo e atteggiamento Empatico.
- Permettere
che avvenga un vero e proprio Accomodamento (come lo ha teorizzato Piaget)
delle esperienze e delle buone pratiche imparate al fine di farmi maturare come
persona e come educatrice.
Dopo essermi
inserita nelle attività che c’erano già in programma, come la festa della mamma e l’Arraja do CASEM ( festa locale), ho avuto modo di proporre un mio laboratorio
di teatro corporeo divenuto parte anche di un Progetto di Extensão del Dipartimento di Pedogogia della UPE, l’Università del
Pernambuco.
La UPE, Campus di Petrolina è uno
degli enti Partner del Progetto BEA ed io ho avuto la possibilità di seguire le
lezioni di ‘Relazioni interpersonali e dinamiche di gruppo’ del Corso di Laurea
in Pedagogia.
Io e Natália Dos Santos A. G. (studentessa brasiliana dell’8° periodo di Pedagogia), con l’obiettivo
di sperimentare praticamente i contenuti teorici del corso, abbiamo organizzato
e condotto sei incontri svolti con gli adolescenti del CASEM e l’equipe
socio psico-pedagogica al Parco Municipale ‘ Josepha Coelho’ di Petrolina.
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Laboratorio al Parco Josepha Coelho |
Il filo rosso che li univa era la Comunicazione
Assertiva, in particolare l’Ascolto Attivo, e ogni incontro affrontava una
tematica specifica: Fiducia, Io, Tu,
Noi, Comunicazione assertiva e Ascolto attivo.
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Lezione del corso di Relazioni interpersonali
e dinamiche di gruppo - UPE, Campus di Petrolina |
Sono sicura
che questo progetto senza la collaborazione di Natália e la supervisione di Nicola A. come professore non
avrebbe ottenuto lo stesso risultato finale.
Ed è proprio all’UPE, Campus di Petrolina, che ho avuto l’opportunità di
ampliare il mio Sapere, sperimentando un nuovo modello di università più
dinamico e partecipato.
Per il mio
percorso di tirocinio un momento altamente formativo era la riunione del venerdì
mattina con Miriam de Martin, mia collega di corso UNIPD e Nicola Andrian
coordinatore del Progetto BEA (l’Equipe BEA 2016.1).
Il progetto
BEA è il Cuore di una ricerca di dottorato del Dipartimento FISPPA – UNIPD e la
riunione settimanale si focalizzava sulla riflessione costante dell’esperienza
vissuta, del nostro agire intenzionale nel quotidiano, attraverso il Ciclo del
Service Learning.
Penso sia
stato proprio questo lavoro costante a fare la differenza nel mio livello di
apprendimento.
Ma.. non è
ancora finita!
Perché a dare una sfumatura di colore in più a quest’esperienza è stato il Corso
di cultura e lingua italiane, sviluppato al Dipartimento di Scienze Umane dell’UNEB,
Università della Bahia, – Campus di Juazeiro (la città che si trova dall’altra
parte del fiume São Francisco rispetto a Petrolina).
Non mi ero
mai immaginata nei panni di insegnante, ruolo che ho sempre percepito come
formale e distaccato, ma aver avuto la possibilità di mettermi in gioco, a
fianco del coordinatore del progetto, proponendo lezioni dinamiche e giocose ha
fatto in modo che gli studenti apprendessero i contenuti divertendosi e
dall’altro lato che io mi stessa mi divertissi con loro.
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Corso di lingua e cultura italiane UNEB, Juazeiro - Festa finale |
Mi sono trovata così bene con loro che una volta
terminato il corso ufficiale ho continuato, con chi voleva, a fare lezione di
conversazione al parco, in piazza, in spiaggia…
In questi mesi mi sono
sentita parte di Qualcosa di Grande, parte di un ‘Tutto’. Ho incontrato persone
che mi sembrava di conoscere da una vita, ho percorso strade che i miei passi
già conoscevano, a Petrolina e Juazeiro ho lasciato parte di me e mi sono
portata via molto di più:
Sguardi, strette di mano, risate, profumi, colori, cibi, suoni, ritmi, tramonti, danze, la calma che mi
tranquillizzava mentre aspettavo la barquinha, l’armonia, le feste, il ‘Doce de
leite’ dopo il pranzo con la mia Equipe, i sorrisi e gli abbracci, e tanto
tanto altro che a parole non so descrivere.
Non mi sento
di aver terminato quest’esperienza, sarà che a settembre arriveranno in Italia
due studentesse dell’UNEB, sarà che i contatti con gli amici brasiliani sono
sempre molto vivi, per il momento il rientro in Italia lo sto vivendo come un
finale aperto, la Vita è lunga e chissà quali luoghi e persone ci saranno
adesso ad aspettarmi o a reincontrarmi !!!
Un enorme
grazie a Nicola che ha permesso tutto questo, che ha inventato un “Nicola
Andrian” che mi permettesse di vivere tutti i momenti, e molti di più, sopra
descritti.
A te con cui
ho potuto confrontarmi, imparare e crescere: Grazie.
Un grazie
speciale alla mia compagna di avventura Miriam che mi ha aiutata a crescere
superando e condividendo sia i momenti felici che quelli difficili. Senza di
lei non sarebbe stato lo stesso viaggio.
Ed infine ai
miei ragazzi, ad ognuno di voi per avermi accolta, per aver scherzato, giocato,
per avermi dato l’opportunità di entrare nelle vostre vite, per esservi resi
disponibili a regalare una parte di voi, delle vostre storie. E tra tutti un
grazie particolare va ad un’ Anima meravigliosa, ora totalmente libera nel
mondo, che ha stravolto la mia vita con la sua. Con il suo straordinario “Mondo
nella testa” mi ha fatto capire come le parole a volte non servono, tutto ciò
che serve è:
Testa, Mani
e Cuore.
Veronica