|
Aeroporto di Petrolina |
Ore 2.30
di notte del 07 agosto 2019: atterraggio a Petrolina, Stato del Pernambuco,
Regione Nord Est del Brasile. Dopo 25 ore di viaggio, inizia la mia esperienza
brasiliana, nordestina, pernanbucana-bahiana.
Non
penso che tutto quello che ho vissuto si possa riassumere in poco parole ma
credo che la testimonianza di ciascuno sia importante e che sia bello e
significativo raccontare storie, quindi adesso proverò a raccontarvi una
piccola parte della mia.
In un
giorno qualunque del secondo semestre del mio primo anno di studi universitari
(corso triennale in Psicologia dello Sviluppo, della Personalità e delle
Relazioni Interpersonali all'Università di Padova), durante un seminario ad una lezione di pedagogia generale del
Prof. Giuseppe Milan, ho conosciuto il progetto di ricerca e scambi
interculturali INTEREURISLAND e il Progetto BEA, presentato dal coordinatore, Nicola Andrian.
Da
qualche tempo il mio sogno era quello di poter conoscere e sperimentare dal
punto di vista professionale il mondo della detenzione minorile con adolescenti
in conflitto con la legge, e quando ho sentito parlare della possibilità di
fare questo tipo di esperienza in Brasile mi si è mosso qualcosa dentro che non
riuscirò mai a spiegare. Ho pensato: devo andare lì e vivere questa esperienza.
Il
progetto presentato ha come obiettivo generale quello di analizzare, sviluppare
e diffondere strategie innovative di internazionalizzazione di proposte di
responsabilità sociale dell'Università (social engagement - terza missione),
attraverso esperienze di Service Learning Internazionale che prevedono la
mobilità di studenti con percorsi misti di studio e tirocinio formativo. Nello
specifico, seguendo la proposta pedagogica del Service Learning, avrei vissuto
l’alternanza tra attività teoriche di studio al Dipartimento
di Scienze Umane DCH III, dell'Università dello Stato della Bahia/UNEB,
e attività pratiche di tirocinio in alcuni enti partner del territorio di
Juazeiro-BA e Petrolina-PE (due città confinanti e separate solo dal grande
fiume Sã Francisco).
Come
prima di ogni decisione importante, hanno iniziato ad affollarsi nella mia
testa mille dubbi e mille domande: “Sarò davvero in grado di affrontare 3 mesi
dall'altra parte del mondo, da sola, in una cultura completamente diversa e con
una lingua ancora sconosciuta? Sarò in grado di mettermi in gioco
professionalmente?”.
|
Incontro - scambio con Ilenia D'Attis, appena rientrata. |
Prima di
prendere una decisione ho vissuto molti momenti contrastanti, mi sono
confrontata con le persone a me vicine e alla fine, come già in altri momenti
della mia vita, ho deciso di “Partire”.
Sia il
progetto INTEREURISLAND che il BEA prevedono una fase di formazione pre-partenza, che ho
seguito da marzo a giugno di quest’anno (2019), partecipando a diversi incontri
sulla lingua e sulla cultura brasiliane (tenuti dalla studentessa brasiliana
Jamile Soares da Silva che era a Padova proprio per lo scambio e dal
coordinatore) e ad un weekend formativo residenziale in bivacco.
|
Presentazione al I COLÓQUIO BRASIL ITÁLIA |
All’arrivo
in Brasile, alla fine del mese di agosto abbiamo avuto il privilegio di
partecipare all’evento scientifico internazionale “I Coloquìo Brasile-Italia” (www.coloquiobrasilitalia.com ), un momento di scambio e di
incontro culturale (realizzato al DCH III UNEB in Juazeiro) di grande importanza, data la presenza anche di una
delegazione italiana con due docenti dell'Università di Padova, il prof.
Massimo Santinello e il prof. Giuseppe Milan; le referenti/responsabili delle
cooperative di Rovigo che, come partner italiane INTEREURISLAND, accolgono le
studentesse e gli studenti brasiliani in mobilità (Roberta Lorenzetto e
Beatrice Girotto); la presidente dell'EnARS, promotrice del Progetto BEA e
dello stesso INTEREURISLAND (Isabella Polloni) e Nicola Andrian.
|
Riunione 'internazionale' al CASE Gey Espinheira, Juazeiro-BA |
E' stata
un'esperienza emozionante osservare il primo incontro ‘fisico’ delle referenti
degli enti brasiliani e italiani che da tempo sono vincolati da questo grande
progetto e da obiettivi e Mission simili. Molto significativo vederle
conoscersi e scambiarsi idee per continuare a lavorare insieme. Ma anche vedere
Isabella P. che per la prima volta ha conoscuto di persona, assaporato e
scoperto il contesto dove si svolge il Progetto BEA da ormai 17 anni.
Inoltre,
a questo evento per la prima volta ho presentato in portoghese la mia
esperienza, parlando un po' di quello che avevo vissuto nel primo mese, davanti
a un pubblico. Ricordo di essermi emozionata tanto e, anche se avevo preparato
un piccolo discorso, è stato difficile esprimere tutto quello che volevo.
|
In radio divugando il I COLÓQUIO BRASIL ITÁLIA |
Molto
bella l'esperienza di essere stati invitati da una radio locale, la radio “Sat
Tropical”, per presentare l'evento. Non ero mai stata in radio prima e oltre a
vedere cosa c'è dietro a tutto quello che ci ascoltiamo in macchina, ho
constatato la potenza dei media: la mia famiglia e i miei amici sono riusciti
tutti a collegarsi dall’Italia per ascoltare ciò che dicevo.
Questa
esperienza non è stata solo un viaggio in un'altra cultura ma, ancora una
volta, un viaggio dentro me stessa.
Nella
logica della continua alternanza fra lo studio e lo stage, ho iniziato un
percorso sulla comunicazione assertiva e sull'osservazione non giudicante
grazie alle riunioni d'equipe, con il coordinatore e Maurizio Dorsa del
Progetto BEA, svolte ogni quindici giorni, e al corso di “Dinamiche di Gruppo e
Relazioni Interpersonali” al DCH III dell'UNEB.
Ho
conosciuto questi due ‘pilastri’, su cui d’ora in poi continuerò a lavorare,
fondamentali sia nelle relazioni quotidiane ma soprattutto nelle relazioni che
una psicologa instaura professionalmente.
Ho
iniziato ad imparare ad analizzare i miei vissuti, a spiegare cosa percepisco,
quali emozioni provo e cosa posso imparare in modo da applicarlo in futuro,
scavando piano piano, ascoltando anche il mio corpo.
|
Un momento del corso di lingua e cultura italiane al DCH III |
Inoltre,
non dimenticherò mai l'esperienza di essere stata facilitatrice (qui in brasile
mi chiamavano Professora) del corso di lingua e cultura italiane cha abbiamo
tenuto all'UNEB, anche in virtù della selezione dei nuovi studenti che, tramite
il progetto, arriveranno in Italia nel 2020.
Grazie a
questo corso ho potuto portare e insegnare la mia lingua e la mia cultura,
apprezzando ancora di più le cose uniche che abbiamo in Italia.
Anche in
Brasile, questo scambio culturale di formazione pre-partenza è un punto
fondamentale di INTEREURISLAND.
La parte
più significativa di tutta l’esperienza è stata, sicuramente, il tirocinio che
ho svolto nella Casa di semilibertà, ‘CASE Gey Espinheira’, di Juazeiro, che
accoglie adolescenti in conflitto con la legge. Una associazione rieducativa
dove gli adolescenti passano tutta la settimana, partecipando ad attività
interne ed esterne, come la scuola o il lavoro, con orari precisi di rientro, e
con la possibilità di tornare a casa durante i fine settimana.
Prima di
partire mi sono data degli obiettivi da inserire nel progetto formativo da
presentare all'Università di Padova:
•
Conoscere
la cultura brasiliana nel contesto di Petrolina-PE e di Juazeiro-BA;
•
Conoscere
le attività proposte dell'Università dello Stato della Bahia UNEB agli studenti
stranieri;
•
Approfondire
e migliorare la mia conoscenza del Service-Learning dal punto di vista teorico
e pratico;
•
Partecipare
al Progetto di Social Engagement (metodologia Service Learning) che il Dipartimento di
Scienze Umane DCH III sviluppa con l'associazione Case NAENDA Gey Espinheira
(che accoglie adolescenti in conflitto con la legge);
•
Conoscere
la storia, la missione e come funziona l'associazione Case NAENDA Gey
Espinheira;
•
Conoscere
le dinamiche di gruppo, formali e informali, tra gli adolescenti accolti nel
Case Gey Espinheira, durante il mio tirocinio;
•
Sviluppare
e migliorare la mia conoscenza della relazione empatica dal punto di vista
teorico (nel DCH III Uneb) e pratico (nel CASE NAENDA Gey Espinheira);
•
Sviluppare
le mie abilità comunicative nella relazione con gli adolescenti del Case Gey
Naenda Espinheira durante le attività che porterò avanti con loro;
•
Approfondire
la mia capacità di gestione delle mie emozioni nei momenti di stress e di
difficoltà con gli adolescenti nel Case Naenda Gey Espinheira;
Mi
ricordo la prima volta che sono entrata lì e la prima cosa che ho visto: un
quadretto familiare a cui non ero abituata. Un adolescente, la sua ragazza e
una bambina di poco meno di un anno, su un triciclo rosa, in un angolo del
giardino. In questi tre mesi ho visto quella bambina iniziare a “rimbalzare”
sul suo pannolone ogni volta che voleva andare da sola a scoprire il mondo
sotto gli occhi di un papà attento e premuroso che le sorrideva da lontano e
che ogni volta che cadeva l'aiutava a riprovare.
Seguendo
una programmazione decisa assieme all’equipe multidisciplinare dell’ente, nella
prima parte ho osservato come l'equipe lavorava, conoscendo la loro routine e
le varie regole della ‘casa’. Mi sono subito ritrovata in un clima sereno nel
quale mi sono sentita a mio agio. Tutta l'equipe si è dimostrata gentile e
accogliente nei miei confronti e mi mancherà quella piccola stanza di lavoro,
di risate e di discussioni.
|
Con la psicologa Ivanessa Brito |
In una
seconda fase, insieme alla psicologa Ivanessa Brito, abbiamo iniziato un
percorso sul “Progetto di Vita” per gli adolescenti, durante il gruppo del
giovedì pomeriggio.
Durante
la preparazione delle attività abbiamo avuto la possibilità di confrontarci su
vari argomenti e questi momenti sono stati fondamentali e di grande significato
per la mia crescita professionale.
|
Un momento del gruppo con gli adolescenti |
Per
quanto riguarda le attività, nello specifico, ho potuto condurre/facilitare
attività sulle emozioni positive, un gruppo sul riconoscimento dei propri punti
di forza, due attività ludiche e musicali, basate sulla costruzione di un
flauto e di un tamburo e alla fine dei colloqui individuali per riflettere
insieme a loro su cosa si porteranno con loro di positivo da questa esperienza
di semilibertà.
Piano
piano ho iniziato a conoscere ciascuno di loro, ad imparare il loro modo di
parlare e i loro simboli. A capire quando era il momento di scambiare due
parole o scherzare e quando invece semplicemente sedermi vicino a loro in
silenzio.
Tutti
gli adolescenti mi hanno sempre trattata con rispetto, certo, a volte facevo o
dicevo cose strane che li faceva ridere e mi prendevano un pò in giro, ma in
qualche modo faceva 'parte del gioco'.
Durante
le attività di gruppo li osservavo e spesso sorridevo dentro di me nel vedere
quanta cura riponevano in quello che facevano. In alcuni di loro ho percepito
questa pazienza e forza di volontà nel cercare di cambiare la propria
situazione: attraverso lo studio e la ricerca di un lavoro serio.
Oltre
all'esperienza del CASE, ho avuto la possibilità di svolgere una piccola parte
di tirocinio anche al FUNASE Cenip, un centro di detenzione di prima
accoglienza, sempre per adolescenti in conflitto con la legge, a Petrolina.
Questa struttura accoglie gli adolescenti fino ad un massimo di 45 giorni, in
attesa del processo e della sentenza, all'interno di vere e proprie celle, che
possono essere singole o doppie. In tre mesi non mi sono mai abituata a vederli
dietro le sbarre.
Data
la
diversa funzione, qui ho trovato una condizione e un’organizzazione
totalmente
differenti. In queso contesto ho potuto seguire alcuni momenti di
formazione specifica dell'equipe assieme a professionisti delle altre
case della FUNASE di Petrolina.
|
Un momento di formazione continua di operatrici e operatori della FUNASE |
E qui ho incontrato e condiviso tempo e attività con tanti
adolescenti, alcuni di loro per poco tempo, con altri, invece, sono riuscita a
instaurare una relazione.
Nelle
due mattinate in cui andavo lì ho potuto osservare anche parte della relazione
con la famiglia, assistendo ad alcuni colloqui della psicologa durante le
visite familiari del mercoledì e assistendo alle telefonate a casa del lunedì.
La prima
attività con loro, al mio arrivo alla mattina, è stata quella di fare il giro
di tutte le celle, prime tra tutte quelle di prima accoglienza, dove gli
adolescenti vengono lasciati in isolamento per i primi 5 giorni di permanenza.
Dopo il “Bom dia”, la domanda era sempre “Como voce està hoje?” (come stai
oggi?) e la risposta più frequente era: “Preso”. Una condizione che, credo,
solo in pochi possono comprendere fino in fondo.
E' stato
durante questi giri mattutini che ho potuto ascoltare la loro voce, la loro
storia, il loro punto di vista e non solo quello che era scritto nella loro
cartella. Li ho visti piangere e ridere, girarsi dall'altra parte quando non
avevano voglia di parlare, li ho sentiti urlare per richiamare la mia
attenzione, e li ho osservati mentre guardavano oltre la finestra verso la
città.
|
Incontro con le famiglie CASE Gey Espinheira Juazeiro |
Tutti
gli adolescenti che ho incontrato mi hanno insegnato il valore e l'importanza
della famiglia e della sua presenza. Quando un ragazzo mi diceva che il
pensiero che la madre potesse venirlo a trovare era l'unica cosa per cui valeva
la pena resistere, potevo solo comprendere la mia impotenza di fronte
all'importanza dell'affetto materno. Un’impotenza ancora più forte quando un
altro adolescente, che aspettava di sapere il sesso di suo figlio durante le
gravidanza della compagna, mi ha detto: “Non ho mai avuto un padre, io devo
cambiare per mio figlio, non voglio che sappia di tutto quello che ho passato,
devo cambiare vita e città”, oppure quando il ricordo più bello della
semilibertà diventava l'incontro con le famiglie sentendomi dire: ”Non capita
mai di essere tutti riuniti insieme e felici”.
Ovviamente
non sono mai mancate le difficoltà, i momenti in cui non sapevo come reagire
davanti a situazioni in cui mai avrei pensato di ritrovarmi, i momenti in cui
mi sono fortemente preoccupata per alcuni di loro, date alcune vicende molto
complesse, e i momenti in cui la diversità della lingua si faceva sentire in
maniera frustrante.
Da
questi 3 mesi mi porto a casa tutte le loro storie conosciute, tutti i loro
volti e i loro sguardi, con le lacrime e gli occhi lucidi ma anche con i
sorrisi più sinceri. Mi porto a casa la loro voce, le loro parole e i loro
silenzi ma anche i loro gesti e i loro “obrigado”.
Non mi
dimenticherò mai di quella anziana signora, bisnonna, chiamata ugualmente mamma, che
nonostante tutto, l'unica cosa che desiderava era riportare a casa la sua creatura.
Mi porto
a casa la calma e la pace del Rio São Francisco, in particolare la sera al
tramonto con i suoi colori, la sua acqua fresca nelle ore più calde, fonte di
vita e padre delle due città.
|
Il fiume São Francisco |
La
semplicità degli abbracci brasiliani, le ore di danza in allegria, gli Açaí, le
cantate con la chitarra, il sudore nel fare la pizzaiola italiana, l'aver
capito come ci si sente davvero ad essere “la straniera”, in particolare il
sentirmi europea.
|
Laboratorio di Pizza al FUNASE CENIP, Petrolina |
Ringrazio
il progetto INTEREURISLAND e il Progetto BEA, l'Università di Padova e l'Università dello Stato
della Bahia per avermi permesso di fare questa esperienza. Con tutto il cuore
ringrazio l'equipe del Case Naenda Gey Espinheira, in particolare la psicologa
Ivanessa Brito per il loro sostegno, la disponibilità e l'accoglienza.
Ringrazio Maurizio per aver condiviso con me questa esperienza, le nottate in
pullman, il kayak, la bellezza dei viaggi e della scoperta di questa piccola
parte di paese.
Ringrazio
Nicola Andrian, il coordinatore, senza il quale tutto questo non
esisterebbe. Lo ringrazio per l'immensa disponibilità, attenzione e sostegno
che ho sempre percepito. Grazie per avermi testimoniato passione e gioia verso
il lavoro e la continua ricerca di domande e risposte.
Ringrazio
la mia famiglia e il mio ragazzo per aver sempre creduto in me e nei miei
sogni, per essermi sempre stati vicino, per avermi sostenuta e amata.
Mi sono
guardata allo specchio e non sono la stessa Maria partita il 6 agosto.
In
questi mesi ho guardato molto negli occhi e ho incontrato l'umanità in persone
in cui spesso abbiamo paura di ritrovarla, per semplificare le cose e dividerle
in nero e bianco, per giustificare la stanchezza di lottare e di perdonare.
“Oh,
Fletch, non è mica per questo che li ami! E’ chiaro che non ami la cattiveria e
l’odio, questo no. Ma bisogna esercitarsi a discernere il vero gabbiano, a
vedere la bontà che c’è in ognuno, e aiutarli a scoprirla da se stessi, in se
stessi. E’ questo che io intendo per amore. E ci provi anche gusto, una volta
afferrato lo spirito del gioco.”
(Il
gabbiano Jonathan Livingstone)
Maria
Spalletta,
Corso di Laurea Triennale
in Psicologia
dello Sviluppo, della Personalità e delle Relazioni Interpersonali,
Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione DPSS -
Università di Padova - UNIPD.
Info specifiche:
L'esperienza di Maria Spalletta è stata contraddistinta dal fatto che si è sviluppata, in ogni sua fase, in piena connessione fra il 'Progetto BEA' e il programma 'INTEREURISLAND'.
Alcune attività specifiche di questa esperienza sono state realizzate anche grazie al contributo di un gruppo di genitori della Scuola dell'infanzia paritaria "A. Piloni" di Lecco, in Italia, che quest'anno (2019) si è preso a Cuore quanto realizzato con adolescenti in condizioni di diagio, rischio e conflitto con la legge, attraverso il Progetto BEA
e il programma INTEREURISLAND.
La mobilità di Maria Spalletta, inoltre, è stata sostenuta anche dai Finanziamenti 8X1000 della Chiesa Valdese - annualità 2019.