Un progetto che si sviluppa principalmente nella regione metropolitana della città di Petrolina, nello Stato del Pernambuco in Brasile, attraverso una rete di collaborazioni con enti pubblici, privati e società civile a livello locale e internazionale.

“Dalla nostra esperienza, iniziata nel 2002, abbiamo la consapevolezza che l’incontro, il dialogo e la collaborazione alla pari costituiscono il Cuore di un approccio interculturale e di una relazione autentica. Sono fonte di grande ricchezza per il benessere degli esseri umani e della società e per una migliore presa in carico e risoluzione delle situazioni di bisogno che ogni comunità si trova ad affrontare.”

Nicola Andrian e Isabella Polloni - En.A.R.S.

sabato 28 gennaio 2023

“Tà ligado, mano?” - Report Finale dell’esperienza di GloCal Service-Learning di Francesco Zucchini in Brasile ... nella Valle do Rio São Francisco

Por do Sol sul Rio São Francisco
 

Il mio nome è Francesco, ma in Brasile tutti mi chiamano Chico, diminutivo di Francisco. Questo nome nella regione ha una valenza molto forte perché “O Velho Chico” è il fiume che bagna le sponde delle due città che mi hanno accolto in questi cinque mesi qua in Brasile. Ho 24 anni e studio “Psicologia di Comunità, della Promozione del Benessere e del Cambiamento Sociale” a Padova.

A dicembre 2021 ho conosciuto Nicola Andrian, il fondatore e coordinatore del Progetto BEA. Fin dal primo momento Nicola mi ha trasmesso una forte energia e passione che mi hanno convinto subito a scegliere di dedicarmi a pieno a questa esperienza di tirocinio all'estero.

 

ATTESA

Il Progetto BEA e il programma di scambi Intereurisland cominciano molto prima dell’arrivo sul suolo brasiliano.

L’équipe Bea&Intereurisland 2022 era composta da me, Claudia, Chiara, Rachele, Beatrice, Alice e Nicola. Io facevo parte del Progetto BEA insieme a Claudia, studentessa della University of Southern Denmark (SDU), mentre le altre ragazze erano riuscite a partecipare al programma di scambi Intereurisland attraverso il bando ULISSE dell’Università di Padova.

Cammino d'equipe per la Via Francigena

Nei mesi precedenti alla mia partenza ho iniziato a fare mia la lingua portoghese seguendo un’ora a settimana un corso di lingua con le mie compagne d’equipe. Le lezioni alimentavano la nostra curiosità verso questa nuova cultura, iniziavamo a toccare una realtà che ci sembrava ancora lontana. Nei mesi di giugno e luglio abbiamo avuto un assaggio di quello che ci aspettava attraverso gli incontri formativi specifici in cui abbiamo approfondito alcuni nuclei tematici della cultura brasiliana (assieme a studentesse del Mestrado PPGESA, dell’Università dello Stato della Bahia, la UNEB), abbiamo ballato Forró e abbiamo visto il film Central do Brasil. I legami tra i componenti dell’équipe si sono iniziati a saldare durante il cammino attraverso le colline della via Francigena, in luglio, grazie al weekend formativo residenziale, l’ultima tappa del percorso di preparazione pre-partenza.

In questo periodo, inoltre, ho dovuto iniziare a riflettere sui miei obiettivi formativi che avrei voluto raggiungere, sia per presentare la documentazione necessaria alla UNIPD sia per riuscire ad arrivare in Brasile sapendo già su che cosa concentrarmi nella moltitudine di possibilità che si aprivano davanti a me. Riguardando adesso agli obiettivi prefissati, sono orgoglioso nel vedere che sono riuscito a realizzarne la maggior parte:

Ho appreso cosa si intende per Service-Learning partecipando attivamente alle fasi del processo di quest’approccio pedagogico-metodologico. Ho compreso come funziona il sistema universitario della regione di Petrolina e Juazeiro partecipando sia come “insegnante” di lingua e cultura italiane nell’Università federale della Valle do Rio Sao Francisco (UNIVASF), che come studente del corso di relazioni interpersonali e dinamiche di gruppo al Dipartimento di Scienze Umane DCH, Campus III, dell'UNEB.

Sono riuscito a capire qual’era la funzione del Centro di Assistenza Psico Sociale infantile (CAPSi) all’interno della comunità di Juazeiro e come si integrassero tra di loro i diversi componenti dell’equipe multiprofessionale. Ho sviluppato la mia capacità di gestire gruppi di bambini in un contesto terapeutico, costruendo relazioni significative con loro. Nonostante le mie aspettative, per quanto abbia provato a definire delle linee guida, la mia visione e i miei obiettivi sono cambiati continuamente quando ho iniziato a immergermi in questa nuova realtà.

SCOPERTA

Visita alla Pastoral da Mulher, Juazeiro

Il primo impatto è stato come iniziare a vivere un sogno lucido in cui non capisci se stai davvero sognando. Questo sentimento mi ha accompagnato per tutta la mia permanenza in Brasile, ma nelle prime settimane era molto più forte. Il cibo, la musica, le persone… iniziavo a venire a contatto con cose che non pensavo potessero esistere. Mi sono sentito straniero per la prima volta.

Nelle prime due settimane l’equipe Bea&Intereurisland si è consolidata attraverso una serie di visite negli enti locali partner del programma e del progetto (CAPS, CASE, Pastoral da muhler, APAE…) che ci hanno subito messo di fronte ad alcune realtà di vita complicate.

È stato un periodo molto intenso in cui eravamo sopraffatti dall’euforia di scoprire in continuazione costumi, luoghi e modi di vivere diversi. Allo stesso tempo mi ricordo che non avevamo molta autonomia e dipendevamo sempre da altre persone per riuscirci a spostare, sia perché dovevamo ancora conoscere le città sia perché non avevamo ancora le schede sim per i telefoni o le chiavi di casa per tutti. Era una sorta di esplorazione attenta, in cui sbirciavamo con cautela che cosa succedeva in città senza esporci troppo. Ma la voglia di vivere Juazeiro e Petrolina a 360° era forte e questo senso di reclusione a volte generava frustrazione.

Arrivo a Casa ULISSE, Juazeiro
 

SCELTA

Dopo il primo periodo di ambientamento è arrivato il momento di prendere delle decisioni per definire meglio la mia esperienza in Brasile, ovvero farsi carico di vari impegni che avrei portato avanti in quei mesi. Queste scelte riguardavano in primis l’ente di tirocinio, il dedicarsi a una disciplina come la Capoeira, scegliere le compagnie e le persone a cui legarsi e dedicare più tempo. Mi ricordo che è stato un momento difficile per me in quanto si aprivano diverse possibilità e avevo paura di fare alcune scelte sbagliate che avrebbero potuto peggiorare la mia esperienza in Brasile. Vivevo un po’ la tensione di quando stai cercando di guardare bene dentro te stesso per prendere la decisione giusta senza essere influenzato da dettagli secondari o da altre persone. In tutto questo periodo di scelte, ci siamo trovati ad organizzare la 1° settimana di immersione totale nel GloCal Service-Learning (un evento scientifico internazionale del programma Intereurisland proposto dal Mestrado PPGESA). È stata una settimana pienissima di scambi, di idee e di incontri arricchenti con professori e professionisti provenienti da tutto il mondo.

Evento al CAPSi durante la I^ Settimana di immersione totale nel Service-Learning GloCal

È stato qui che abbiamo iniziato realmente a essere i protagonisti attivi della nostra esperienza come équipe, prendendoci varie responsabilità nella gestione dell’evento. Io ho organizzato due attività nel CAPSi e nel centro di internamento provvisorio per minori del CENIP (Una delle case di reclusione per adolescenti in conflitto con la legge). L’incontro tra gli ospiti dell’evento e gli utenti dei due enti ha dato l’opportunità a ognuno di condividere un pezzo di sé, creando una splendida connessione tra persone con esperienze di vita molto diverse. È stato molto coinvolgente e ho iniziato a percepire la bellezza e l’importanza di quello che stavamo facendo. Mi sentivo pronto per dedicarmi a pieno alla mia esperienza di tirocinio proprio al Centro de Atenção Psicossocial Infantil (CAPSi) di Juazeiro.

APPRENDIMENTO

Il Giardino del CAPSi

Il CAPSi è un centro di assistenza psico-sociale per minori in cui vengono presi in carico casi di disturbo mentale grave (autolesionismo, tentato suicidio, abuso, autismo, depressione e ansia grave…). Si tratta di un servizio di salute mentale pubblico che riceve bambini e adolescenti. Inizialmente viene fatta una prima anamnesi del caso e, in base alle sue necessità, il minore viene poi indirizzato a uno o più professionisti della struttura (psicologo, assistente sociale, psichiatra) che devono fare una valutazione e definire il suo percorso terapeutico. Nelle prime due settimane ho affiancato i vari componenti dell’equipe multiprofessionale del CAPSi (psicologo, assistente sociale, infermiere, nutrizionista, fonologa…) cercando di capire come interagissero tra di loro nelle diverse fasi della presa in carico del minore. Sono rimasto stupito dalla disponibilità di tutta l’équipe che si è sempre presa cura di me e ha sempre avuto pazienza nel passarmi il massimo di conoscenza pratica e teorica per mettermi subito nella condizione di essere un protagonista attivo nella struttura. Sapevo di star apprendendo tanto perché provavo a fare cose che non avevo la minima idea di come si facessero, ma mi mettevo in gioco accogliendo le sfide che ogni volta mi venivano lanciate.

Nel Service-Learning ad un tipo di apprendimento più teorico si alterna un saper fare più pratico. Aldilà delle informazioni acquisite al CAPSi, ho appreso molto sulla cultura brasiliana: la forte tradizione africana radicata in Bahia, il legame tra i brasiliani e la natura, la polarizzazione del discorso politico… l’immersione nel contesto locale brasiliano ha allargato molto i confini della mia conoscenza.

Giocando a Pictionary durante la lezione del corso di Italiano

Inoltre, a fine ottobre iniziava in parallelo il mio percorso formativo sia come studente nelle lezioni di Nicola all’UNEB che come “insegnante” del corso di italiano all’UNIVASF. Le lezioni interattive di Nicola mi hanno consentito di migliorare la mia comunicazione e il mio stare in una relazione genuina con gli altri, lasciandomi sempre insegnamenti di vita utili. Nicola mi ha anche ispirato a diventare un ‘insegnate’ migliore all’UNIVASF. Passare dall’altra parte della cattedra per la prima volta mi ha inizialmente spiazzato.

Era un periodo pieno di sfide, in cui la gioia per una piccola conquista si alternava ad un senso di sopraffazione per tutta una serie di altri passi falsi. Una montagna russa di emozioni positive e negative. Verso la fine di ottobre Raphael, lo psicologo del CAPSi, mi ha dato la responsabilità di organizzare e condurre un gruppo terapeutico di bambini (tra i 9 e i 13 anni) insieme agli altri stagisti. Il primo incontro non andò molto bene e nel frattempo anche le lezioni di Italiano non stavano ingranando. Smisero di partecipare fin da subito vari bambini nel CAPSi e diversi studenti del corso. Quindi decisi che per ottenere dei risultati dovevo cambiare rotta ed iniziai a dedicarmi in maniera più strutturata preparando ogni settimana attività più coinvolgenti e significative. Fu un periodo di riflessione profondo sulla mia esperienza in Brasile.

ROTINA

Novembre è stato un mese decisivo per la mia esperienza di tirocinio. Se ad ottobre e settembre avevo viaggiato molto e avevo avuto il tempo di conoscere diverse realtà e persone, in questo mese ormai la mia quotidianità era scandita con una certa regolarità. Soprattutto perché avevo bisogno di più tempo extra-lavorativo per riuscire ad organizzare e affrontare al meglio gli impegni del CAPSi e del corso di italiano. Negli incontri di terapia di gruppo successivi mi coordinai meglio con la mia equipe di stagisti riuscendo ad organizzare incontri psico-educativi originali in cui i bambini potessero imparare giocando e divertendosi.  Allo stesso tempo rimasi da solo per un periodo a condurre le lezioni di italiano e fu proprio in quel momento che iniziai a responsabilizzarmi preparando lezioni più interattive in cui gli studenti potessero interagire fra di loro. Da metà novembre, la partecipazione e il coinvolgimento rimasero sempre molto elevati, si crearono legami di fiducia all’interno dei gruppi. Mi sentivo finalmente importante per quello che stavo facendo: al CAPSi gli altri professionisti si rivolgevano a me quando dovevano inserire dei ragazzi all’interno dei gruppi terapeutici. La mia vita stava lentamente rallentando mentre la mia casa si radicava tra i quartieri “Country Club” e “Santo Antonio” di Juazeiro: qui si trovavano il CAPSi, l’UNIVASF, l’Orla 2 di Juazeiro in cui facevo Capoeira e il bar “Portelinha”. Quest’ultimo bar universitario è stato un importante punto di incontro e ritrovo; qui ho conosciuto tante persone e realtà diverse. Ogni volta che andavo a Portelinha avevo la certezza di vedere persone familiari e allo stesso tempo facce nuove. Da qui sono iniziate tante amicizie che si sono poi sviluppate in modi molto diversi e che mi hanno fatto sentire davvero integrato. È stato allora che mi sono reso conto di ciò che avevo costruito. Mi ero ormai legato affettivamente a Juazeiro.

APPARTENENZA

Officina di Berimbau all'Isola di Massangano

In Brasile con il termine “roda” si fa riferimento ad un insieme di situazioni di diverso tipo in cui varie persone si ritrovano in circolo per ballare, cantare, condividere idee ed energie. Ho partecipato a rode di samba, di capoeira, rode di conversa davanti ad una fogueira o a rode di équipe nella casa di Nicola.

Anche nei gruppi terapeutici del CAPSi ci disponevamo sempre in cerchio. Questa disposizione circolare faceva sì che ciascun partecipante si ponesse di fronte a tutti gli altri, non ci si poteva nascondere.

L'ultimo saluto a Nicola prima di tornare

Era un contenitore per l’espressione personale di ognuno.  L’energia che passava da una persona all’altra in queste situazioni mi ha sempre stupito e riempito, a volte ne sono stato travolto e ho avuto timore di non essere parte di quell’energia, me ne sarei voluto tirare fuori. Ma quando mi dimenticavo del mio bagaglio culturale e mi lasciavo trascinare da questo sentimento di connessione collettiva, allora mi sentivo parte di qualcosa di più grande. Mi rimane impressa un’espressione tipica dell’intercalare nordestino che viene utilizzata da chi parla al termine di un discorso particolarmente sentito: “Tà ligado, mano?” che sarebbe: “Sei dentro a quello che ti sto dicendo, fratello?”. In quei momenti mi rendevo conto che una persona che viveva dall’altra parte del mondo stava cercando di aprirsi ed entrare in contatto con me. Mi sentivo dentro a qualcosa di unico e speciale.

Nella notta stellata ero semplicemente felice di stare davanti a un fuoco in una spiaggia deserta della Bahia cullato dal rumore delle onde del Velho Chico.

Volto Logo, um Abraço, Chico.

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