Un progetto che si sviluppa principalmente nella regione metropolitana della città di Petrolina, nello Stato del Pernambuco in Brasile, attraverso una rete di collaborazioni con enti pubblici, privati e società civile a livello locale e internazionale.

“Dalla nostra esperienza, iniziata nel 2002, abbiamo la consapevolezza che l’incontro, il dialogo e la collaborazione alla pari costituiscono il Cuore di un approccio interculturale e di una relazione autentica. Sono fonte di grande ricchezza per il benessere degli esseri umani e della società e per una migliore presa in carico e risoluzione delle situazioni di bisogno che ogni comunità si trova ad affrontare.”

Nicola Andrian e Isabella Polloni - En.A.R.S.

mercoledì 16 luglio 2014

Tirocinio universitario di Mary Marchiori - breve Report finale


Mary Marchiori. Studentessa dell’Università di Padova, iscritta al corso di laurea in Scienze dell’educazione e della Formazione - curriculum in ‘Educatore sociale e animatore culturale’.

Tirocinio formativo all’estero, svolto nella città di Petrolina-PE (Brasile) in particolare alla FUNASE CASEM (Fondazione socio – educativa, centro di detenzione minorile, casa de semilibertà) e nelle università locali UNIVASF e UPE.

"Eccoci al nostro ultimo giorno in Brasile! Che dire? Forse l’esperienza più straordinaria della mia vita! Se penso a quando sono arrivata a Petrolina, sembra sia passato un sacco di tempo.
La cosa che ho amato di più è stata l’imprevisto! Ogni giorno è stata una sorpresa e anche le cose della quotidianità diventavano un mistero. Ho imparato a salutare le persone prestando attenzione, dando un abbraccio prima di andare a casa non avendo la certezza di rivederle. Ho cercato di dare il meglio di me in ogni occasione e ho cercato di trarre il meglio dagli altri; e devo dire che non è stato difficile. Ho amato le persone di Petrolina come se le conoscessi da sempre.
Cosa ho messo nel mio bagaglio professionale?

All’interno della casa di semilibertà ho trascorso ore e giornate piacevoli sentendomi parte della “famiglia” del CASEM. Condividere la quotidianità con gli adolescenti accolti è stata per me un’esperienza del tutto nuova che mi ha permesso di imparare molto sotto l’aspetto educativo oltre che umano. Ho capito che il ruolo dell’educatore sociale può essere anche frainteso poiché in questo contesto specifico non è così conosciuto. Ciò che mi sento di dire è che, qualsiasi sia la cultura o la professione, se c’è rispetto per l’altro non esistono incomprensioni che non vadano risolte. Lavorare con le persone non è facile, ma ho confermato la mia idea: essere educatrice non è un lavoro ma un’attitudine di vita. Non si può uscire dalla porta e dimenticare chi c’è all’interno della casa o di qualsiasi altra struttura educativa. Sono dell’idea che è molto facile sbagliare ma è per questo che l’equipe deve sostenere tutte le diverse professionalità poiché è necessario scambiarsi le idee e non sentirsi mai soli.
EQUIPE FUNASE CASEM e Progetto BEA

Quello che ho imparato è che in ogni situazione nuova l’educatore deve entrare in punta di piedi e cercare di creare una relazione di fiducia, per quanto possa essere difficile, poiché le persone percepiscono e sentono i nostri limiti. Quando l’educatore sente che deve dare qualcosa di suo allora sarà pronto a ricevere e ad accettare l’altro incondizionatamente.


Corso di italiano UPE
Altra parte importante di questa esperienza è stata senza dubbio l’approccio ‘interculturale’, l’incontro con una cultura differente. Insegnare la lingua italiana ci ha permesso di svolgere il ruolo di insegnanti, fino a quel momento del tutto sconosciuto e ci siamo accorte di quanto sia importante non dare nulla per scontato nel momento in cui ti avvicini ad una lingua e ad una cultura diversa. Nelle due università abbiamo organizzato le lezioni con una certa logica in modo tale da creare dei collegamenti tra una e l’altra ed al termine del corso ci è stato chiesto di fare un test che è servito molto anche a noi come autovalutazione.
Corso di italiano UPE

Cosa ho messo nel mio bagaglio di vita?
Senza dubbio la gentilezza, il dare un aiuto gratuitamente senza per forza avere un ritorno indietro, essere amico di qualcuno anche se non lo conosci, sorridere, salutare e non aver paura di dire un “grazie” in più.
Questo stage non è stato solo un’esperienza importante per il mio futuro lavoro di educatrice ma è stata l’opportunità per chiarirmi le idee su chi sono e su come voglio essere. E se tornassi indietro lo rifarei altre cento volte perché ad essere sincera ho paura di ritornare alla vita di tutti i giorni. Chi non trascorre un po’ di tempo in questa splendida Terra forse non può capire di cosa parlo, ma l’augurio che posso fare a tutti è di vivere un’esperienza come la mia o intensa almeno la metà.
FUNASE CASEM
Un ringraziamento particolare va ovviamente a Nicola Andrian e al Progetto BEA, alla mia compagna di avventura Federica Renosto che mi ha sopportata per 90 giorni e mi ha preparato ottimi piatti (credo sarei morta di fame!), al FUNASE CASEM per avermi trattata come una della “famiglia”, all’equipe completa ma in particolare a tutti gli adolescenti che mi hanno accettata e hanno saputo apprezzare le mie attività. Un ringraziamento va poi a tutti gli studenti/alunni dei corsi di italiano dell’UNIVASF e della UPE.

Un abbraccio grandissimo alle mie coinquiline, a tutti gli amici e a tutte le persone che hanno condiviso feste, balli, cene, fiume, sole, sorrisi, abbracci, canzoni e CaipirosKe!
Non so quando e non so come ma sicuramente.. arrivederci!
Com muita saudade de vocês, obrigada!"
Mary M.

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