Un progetto che si sviluppa principalmente nella regione metropolitana della città di Petrolina, nello Stato del Pernambuco in Brasile, attraverso una rete di collaborazioni con enti pubblici, privati e società civile a livello locale e internazionale.

“Dalla nostra esperienza, iniziata nel 2002, abbiamo la consapevolezza che l’incontro, il dialogo e la collaborazione alla pari costituiscono il Cuore di un approccio interculturale e di una relazione autentica. Sono fonte di grande ricchezza per il benessere degli esseri umani e della società e per una migliore presa in carico e risoluzione delle situazioni di bisogno che ogni comunità si trova ad affrontare.”

Nicola Andrian e Isabella Polloni - En.A.R.S.

domenica 14 dicembre 2014

Tirocinio universitario di Lisa Gilari - Breve Report finale


Petrolina-PE, settembre - novembre 2014
Tirocinio universitario di Lisa Gilari: studentessa al secondo anno del corso di laurea in Scienze dell'Educazione e della Formazione UNIPD sede di Rovigo, curriculum 'Educazione sociale e animazione culturale'.

Uno, due, tre... arrivata alla destinazione finale.
Per farvi capire cosa ho provato in questi tre mesi e che cosa porto a casa con me, ho deciso di portavi nel mio viaggio.
Equipe FUNASE CASEM e BEA
Qui a Petrolina ho svolto il mio tirocinio in due enti:  il primo è il FUNASE Casem, Fondazione socio-educativa, centro di detenzione minorile, casa di semilibertà; il secondo è l'Università Federale locale UNIVASF.
Non mi soffermo sui dettagli tecnici, ma voglio condividere con voi il cammino che questa esperienza mi ha fatto percorrere.
In questi tre mesi mi sono sentita viva, ho sentito il mio corpo vibrare di positività...
Il FUNASE Casem è un labirinto di relazioni con il quale ho dovuto confrontarmi. Le relazioni interpersonali e interculturali sbocciano come i fiori, lentamente, passo dopo passo. Tutte le relazioni per essere tali hanno bisogno di un  punto di contatto che io inizialmente non avevo, per lingua, cultura diversa, paure che sia io come educatore sia gli adoloscenti come utenti avevamo reciprocamente. È stata la curiosità, la “cosa nuova” che mi ha permesso di creare un ponte tra me e i ragazzi del FUNASE. Quattro semplici passi fondamentali mi hanno aiutata ad entrare nel ruolo di educatore sociale: il riconoscere la “persona” che ho davanti a me, un contatto fisico adeguato al contesto, lo sguardo e il sorriso.
La mia professionalità come educatore sociale, inoltre, ha consistito nel non considerare i ragazzi come infrattori, criminali, ma come adoloscenti che stanno percorrendo un cammino di crescita difficile, di re-integrazione. Nei tanti momenti condivisi ho cercato di renderli protagonisti, giorno dopo giorno, anche con una semplice stretta di mano con tutta l'energia possibile.. (ammetto che a questo punto del report, le lacrime cominciano a bagnare il mio viso, ma tutto bene).
Per quanto riguarda la metodologia di sviluppo delle attività con loro, la musica è stato il canale comunicativo privilegiato e fondamentale. I ragazzi esprimevano le loro emozioni attraverso le parole dei testi di alcune musiche.. ho cercato, quindi, di sfruttare al massimo questa opportunità per far sciogliere quel ghiaccio che ricopriva la luce di ognuno di loro. L'emozione più grande di questa esperienza al Funase Casem è stato il feedback ricevuto dagli stessi ragazzi, fondamentale anche per una mia auto valutazione. E' venuta a crearsi quell'atmosfera di considerazione reciproca, potrei addirittura dire intima.. uso questo termine per sottolineare come con ogni ragazzo ho creato una connessione diversa con me che qui viene chiamata anche “chimica”.
L'unica cosa di cui mi rammarico è di dover interrompere il mio lavoro con loro, lasciarli alla loro quotidianità, che per loro è mortale.
UNIVASF corso di italiano intermedio
Per quanto riguarda l'UIVASF… beh, posso dire sia stata un'esperienza unica. Il ruolo di ‘professoressa’ che mi sono trovata a ricoprire a fianco del mio Tutor Nicola A. non è stato così difficile, ma non da sottovalutare. Sono stata semplicente me stessa, riversando nelle lezioni tutto ciò che poteva rendere una lezione divertente, interessante sempre ovviamente lavorando con i contenuti programmati!!




UNIVASF

Cosa ho appreso da questa esperienza?
Oltre all'ascoltare, all'osservare, c'è la consapevolezza di una profonda dimensione che porterò con me: la dimensione dell'attesa. I successi non arrivano subito, ma … possono arrivare dopo tempo anche improvvisamente.
Voglio riportare questo esempio che considero fondamentale: C., ragazzo difficile, non si lasciava avvicinare da nessuno. Un giorno decisi di sedermi di fronte a lui e di rivolgergli delle domande semplici tipo “come stai?”, “cosa hai fatto nel fine settimana?”, “hai visto che bella giornata c'è oggi?”. Il suo sguardo era fisso nel vuoto, mai incrociando il mio e le sue uniche risposte, non verbali, erano l’alzare il pollice verso l'alto o verso il basso corrispondenti al si e al no. Questa situazione si è ripetuta per diversi giorni, ma non ho mollato. Un giorno, nella medesima situazione, ha alzato lo sguardo, mi ha guardata fissa negli occhi, mi ha fatto un sorriso e ha cominciato a parlare senza fermarsi come un fiume in piena.
BAM BAM BAM... questa è stata l'emozione che ho provato. Dentro di me c'era un concerto di fuochi d'artificio, all'esterno ero semplicemente tranquilla, ascoltando tutto quello che mi stava dicendo.
ATTESA = attenzione, tempo, tirare (l'amo della relazione), salita, ancora.
Ringraziamenti finali: non riporto nomi, luoghi, avvenimenti pechè sarebbe una lista infinita.
Dire grazie è tipico della mia lingua, ma io preferisco dire OBRIGADA POR TUDO!!
Lisa G.

Equipe BEA - 2014.2

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